Trovare nuova musica per far bene al tuo progetto

La musica è da sempre una componente fondamentale del mio percorso e buona parte del mio lavoro ha una sua precisa colonna sonora.

Durante il mio percorso di rebranding ho lavorato moltissimo con la musica, utilizzata come strumento attivo di ricerca, lo sa bene Veronica Gasparoni (web designer di questo sito) e Valeria Raffaele (fotografa, di solito le foto belle me le fa tutte lei).
La utilizzo spesso anche come mezzo di ricerca nel mio lavoro e vorrei renderla una componente fissa di studio anche con i miei clienti. Con la giusta predisposizione, la musica può aiutarci a trovare le risposte che stavamo cercando e a sciogliere certi nodi. La musica è in grado di aiutarci a esprimere dei concetti nella nostra testa che fatichiamo a concretizzare e a trasformarli in idee con vita propria.

Per me, è possibile inserire la musica nel proprio percorso di comunicazione e fare in modo che ci guidi durante la ricerca di una nostra identità comunicativa, qualsiasi sia il nostro lavoro, qualsiasi sia il nostro progetto. Inserire la musica in maniera attiva nel nostro percorso di ricerca è possibile e sarebbe un passo in più per avere un brand con un’identità ancora più forte e definita, ma secondo me non è così semplice.

Che cos’è “semplice”?

Semplice, per esempio, è scegliere di creare dei contenuti online (per esempio dei Reel) con una musica “in trend” perché di base non c’è stata una ricerca critica: questo è un utilizzo passivo della musica. Prendiamo un pezzo che va di moda o che ci propone l’algoritmo, che ascoltano tutti e lo appiccichiamo al nostro contenuto magari anche senza sapere bene di che parla la canzone e per quale motivo è stata scritta e composta. La musica così non è più uno strumento di ricerca utile alla nostra comunicazione e al nostro percorso di crescita, ma un piccolo accessorio al quale diamo poca importanza. Ci tengo a specificare che agire in questo modo non è sbagliato perché qui non si sta parlando di “pratiche giuste” o “pratiche sbagliate”, il punto è capire in che modo rendere la musica una presenza attiva e non passiva nella nostra comunicazione.

Far diventare la musica uno strumento di ricerca non è semplice, ma vale la pena provarci.

Primo ostacolo: procacciarsi la materia prima, ovvero trovare musica nuova.

Dove cerco la musica e dove trovo musica nuova? Passare da un algoritmo (es. Instagram) a un altro algoritmo (es. Spotify) può non essere la scelta migliore perché la nostra partecipazione nella scelta non è al 100%. Ho chiesto a Riccardo Carugati, produttore musicale, di raccontarmi il suo punto di vista.

“Scovare musica nuova è una delle azioni che, soprattutto negli ultimi anni, richiede una buona dose di energia e tempo (assurdo che sia io a dirlo). Parlando del mondo digitale, le piattaforme di streaming sono create per far arrivare certa musica alle nostre orecchie. È paradossale il fatto che per andare contro il volere di Spotify bisogna usare proprio la funzione “ricerca” (tra l’altro è fatta malissimo, chissà come mai).
Però, per cercare bisogna tornare ad avere una fruizione cosciente della musica, questa è la vera fatica. Quello che si può fare per cercare la musica in maniera attiva è:

  • dare un occhiata alla programmazione concerti (e non delle mega-arene) dei club o meglio ancora dei piccoli locali.
  • seguire profili o siti di etichette indipendenti, basando la ricerca sul nostro ascolto quotidiano
  • scoprire chi gestisce le etichette stesse e seguire profili personali o iscriversi a newsletter

Questi sono solo alcuni spunti per cercare e scoprire nuova musica, andando sempre più alla radice ovvero arrivare a scoprire produttori, musicisti, studi di registrazione e anche riviste o negozi di dischi, i pochi rimasti, che spesso hanno profili social interessanti. Allenandosi, nel tempo, si tenderà a usare il tasto ricerca con più coerenza verso il proprio gusto, più che altro perchè la musica l’avete già trovata altrove, dovete solo ascoltarla.
Richiede fatica? Sì, certo, molta fatica.
Era meglio nel 1998? No, è diverso.
Comunque, se un disco vi piace, iniziate a prendere in considerazione di comprarlo. Magari in vinile, perché non si sa mai che Spotify un giorno decida di chiudere.”- Riccardo Carugati, produttore musicale

Secondo ostacolo: come suona il mio brand? Come faccio a sapere come trasmettere il valore e il messaggio del mio brand tramite la musica? Può la musica aiutarmi a comunicare?

Non si tratta di scegliere una canzone solo perché la troviamo “orecchiabile”, qui c’è in ballo una buona percentuale di ricerca e consapevolezza verso chi siamo, cosa vogliamo dire e perché. Stiamo forse tornando alle fondamenta della comunicazione? Sto forse dicendo che dobbiamo tornare a farci ancora e ancora quelle domande scomode che ci confondono sempre? Sì e sì.

perché hai scelto di fare il lavoro che fai?
– cosa smuove le energie del tuo lavoro e dei tuoi progetti?
– cos’è quella cosa che ti fa capire “Ecco è questo che voglio fare!”

Qui poi si apre tutta una questione legata alle neuroscienze cognitive e di come la musica influenzi buona parte del nostro pensiero, della nostra comuniazione, della nostra vita.
Tornerò su questo punto con un nuovo articolo, consigliando anche qualche lettura e approfondimento.

Intanto, chiudo con una domanda: il tuo progetto che colonna sonora ha?

Questo articolo è disponibile anche in versione audio:

Immagine di copertina:
Foto di Markus Spiske su Unsplash